Robert Cheaib : « Esiste un rapporto di desiderio reciproco tra Dio e l’uomo? A guardare rapidamente l’esperienza religiosa dell’uomo contemporaneo, per quanto non sia giusto fare delle generalizzazioni, troviamo difficile constatare il suo desiderio di Dio. Che dire poi del desiderio di Dio verso l’uomo? Può l’eterno e il perfetto desiderare il temporale e l’imperfetto? Già queste semplici osservazioni ci mostrano l’interesse che può rivestire il libro di Jean-Baptiste Lecuit… » Continua a leggere »

Christof Betschart : « Jean-Baptiste Lecuit riprende nella sua conferenza [“Notre salut est-il infailliblement décidé, ou infiniment désiré ? Enjeux spirituels et pastoraux d’une question théologique”] alcuni dei risultati ottenuti nel suo libro sul desiderio di Dio per l’uomo, apparsi pochi mesi fa nella collana Cogitatio fidei. La ripresa sintetica di questo libro viene incentrata nella questione della salvezza tematizzata brevemente nel primo punto. Non si tratta solo di una liberazione dal male o di una felicità senza limite, ma fondamentalmente di una comunione con Dio stesso ciò che implica per l’uomo una trasformazione chiamata tradizionalmente “divinizzazione”. Questo orizzonte comunionale è condizione per pensare il desiderio dell’uomo per Dio e viceversa.

Il secondo punto riprende la tradizione teologica cristiana dove il rifiuto di un desiderio di Dio in senso proprio si incontra nei due esponenti più marcanti che sono Agostino e Tommaso. Questa tradizione, stranamente, coesiste con un’altra che – secondo le ricerche storiche del nostro invitato – va da Tertulliano fino a Benedetto XVI. Anche se qualche volta si tratta di un linguaggio soltanto metaforico o di un desiderio attribuito a Gesù nella sua umanità, si incontra anche l’affermazione chiara di un vero desiderio divino, particolarmente nel Cinquecento e Seicento in teologi come Suárez o Francesco di Sales. Lecuit descrive questo spostamento come “l’emergenza di una concezione secondo la quale la salvezza degli uomini […] non è infallibilmente deciso da Dio, ma infinitamente desiderato da lui.”

Nel terzo punto, questo spostamento viene letto nel contesto della nuova valutazione del rapporto tra volontà divina e umana: la volontà divina di salvezza viene chiamata “desiderio” di salvezza, perché il compimento del desiderio dipende anche dalla libertà umana. Se nella querela De auxiliis, i molinisti volevano pensare insieme il desiderio infinito di Dio e la decisione infallibile post praevisa merita, Lecuit si avventura piuttosto sulla scia di una predestinazione che non sarebbe selettiva e infallibile, ma piuttosto universale e “fallibile” nel senso che l’uomo – con il suo rifiuto – può impedirne l’attualizzazione. Questo spostamento si può osservare in vari teologi, Lecuit dà l’esempio del Padre Frederick William Faber e la sua opera The Creator and the Creature del 1856, altri teologi del 900’ fino all’esclamazione di Benedetto XVI: “Si, Dio ha sete della nostra fede e del nostro amore.” Dopo aver collegato la questione del desiderio (o della sete) con l’altra questione dibattuta della sofferenza di Dio, Lecuit sintetizza la sua tesi così: “Dio desidera secondo un desiderio volontario, senza mancanza né passione subita, ma comportando sofferenza e incertezza, il bene dell’uomo e la comunione con lui.”

Il quarto punto mostra alcune conseguenze spirituali e pastorali di questa tesi, alcuni frutti di concepire Dio come avente un desiderio per gli uomini. Riprendo alcuni tra i frutti di questa impostazione presentati nella conferenza:

  1. Si tratta di un contributo al superamento della fossa tra discorso teologico (che tendenzialmente nega questo desiderio) e discorso spirituale (dove tendenzialmente è centrale).
  2. Il desiderio umano di accontentare Dio nasce in modo efficace soltanto dalla convinzione che Dio desidera essere accontentato. Che cosa potrebbe motivare il nostro desiderio di comunione con Dio se non il desiderio che Dio ne ha?
  3. La rappresentazione dell’universalità del desiderio di Dio per gli uomini cambia anche il nostro sguardo rispetto agli altri e implica il desiderio di comunione con loro.

L’autore conclude con la questione dell’indifferenza odierna rispetto al messaggio cristiano, cioè come il mistero di Dio si offre al nostro desiderio nella fede, nella speranza e nell’amore. La fede presenta Dio stesso e l’unione con lui come bene ultimo della vita umana: desiderare Dio, secondo una certa impostazione, sarebbe in opposizione con il desiderio di beni creati (ciò che si vede per esempio nella svalutazione del desiderio sessuale e della libertà di pensiero). Ciò che è problematico non è il desiderio sessuale in quanto tale, ma di viverlo nella concupiscenza. La speranza non è soltanto speranza della comunione con Dio nella vita eterna, ma dispiega una forza trasformatrice per il nostro tempo: il desiderio di Dio favorisce la trasformazione dell’umanità nella carità. L’amore non si limita a cercare il bene dell’altro o a fare misericordia, ma desidera la comunione con l’altro per inserirsi così nel desiderio che Dio stesso ha di questa comunione. »

Questo articolo offre una sintesi di alcune tesi del libro : J.-B. LECUIT, « La nostra salvezza è infallibilmente decisa o infinitamente desiderata? Sfida spirituale e pastorale di una questione teologica », Teresianum, 68/2 (2017) 281-296.